Sarà 8 marzo quando nei primi tre mesi dell’anno non saremo morte in 31 per mano maschile.
Sarà 8 marzo quando il femminicidio non verrà chiamato “omicidio passionale”, ma verrà letto per quello c
he realmente è: una strage silenziosa, prima causa di morte in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni; un massacro capace di segnare, nel 2011, una media atroce: una morte femminile ogni tre giorni.
Sarà 8 marzo quando noi donne, che rappresentiamo il 60,1% dei laureati italiani, avremo uguali possibilità occupazionali dei nostri compagni di studio; stesse opportunità di arrivare ai vertici, per meritocrazia; identici stipendi, a parità di grado (oggi guadagniamo il 16-20% in meno).
Sarà 8 marzo quando tutte avremo la possibilità di mandare i nostri bambini agli asili nido, di affidare i nostri anziani a strutture e persone che ci possano alleggerire dal carico di lavoro familiare che oggi ricade su di noi.
Sarà 8 marzo quando non dovremo scegliere tra il lavoro e la maternità; quando una donna su quattro non si licenzierà più dopo la nascita del primo figlio; quando non dovremo firmare una lettera di dimissioni ancor prima di essere assunte.
Sarà 8 marzo quando i media ci mostreranno per quello che realmente siamo, non corpi muti con farfalle tatuate
ma soggetti parlanti e portatrici di teste pensanti.
Sarà 8 marzo quando il linguaggio mediatico, politico, quotidiano che ci descrive parlerà realmente di noi, utilizzando termini corretti, rispettosi, che riconoscono la nostra appartenenza al genere femminile, raccontandoci per quel che davvero siamo.
Sarà 8 marzo quando l’8 marzo diventerà semplicemente l’occasione per ricordare tutte quelle donne (e uomini) che hanno tracciato un cammino capace di farci finalmente arrivare a una parità vera, non uno scimmiottamento malriuscito del maschile, ma alla possibilità di dar libera espressione a ciò che siamo e, forti di questo, di arrivare dove meritiamo di essere, anche grazie al nostro genere.
(riflessioni dalla rete)