Il Comune di Finale Ligure ha appeso lo striscione je suis Charlie. Essere Charlie è molto impegnativo. Per essere Charlie non si può essere pusillanimi, nè conformisti. Siamo veramente contenti che il Comune di Finale abbia fatto questa dichiarazione coraggiosa a sostegno della più importante delle libertà: quella di espressione.

 

Non è semplice essere Charlie Hebdo. In Italia poi è ancora più difficile. Perchè l’ Italia è il paese dell’ editto bulgaro. L’editto di Berlusconi – capo del governo- contro Santoro che ai tempi lavorava in RAI. Anche fra la maggioranza, che ha scelto di affiggere lo striscione,  qualcuno avrà anche votato Berlusconi. Eppure oggi hanno scelto di essere Charlie Hebdo. Bene.

Charlie Hebdo non mancava di fare satira pesante anche sulla religione cristiana, per esempio su Papa Ratzinger.  Ha pubblicato una vignetta con un atto sessuale fra le tre figure della trinità. In altre parole Charlie Hebdo era dissacrante.

Però difendere la libertà d’opinione vuol dire accettare i messaggi di cui siamo antagonisti.

Ed essere Charlie Hebdo significa essere solidale con chi non ha voluto subire soprusi e ha voluto difendere la propria libertà di espressione. Senza mediazioni. Una libertà di espressione completa. Potevano irridere altro, invece hanno scelto di non farsi dettare l’agenda da nessuno. Di non farsi intimidire. E per questo motivo Charlie Hebdo rappresenta una libertà che attira l’odio.

Perchè era orgogliosamente libertario, politicamente scorretto e irriverente contro il fondamentalismo. Perchè aveva voglia di ridere e far sorridere (amaramente) sulle idiosincrasie dell’universo ebraico, le fissazioni della chiesa cattolica e del Vaticano, e soprattutto le intolleranze del mondo islamico. Perchè la redazione presidiata dai camioncini della polizia, era nel ventesimo arrondissement, uno dei più multietnici della capitale.

Ma la difesa delle libertà individuali, civili e collettive, la difesa ad ogni costo del diritto alla libertà d’espressione è costata carissimo alla redazione di Charlie Hebdo.

Fine 2011, la redazione viene completamente distrutta da un incendio doloso con una bomba molotov dopo la pubblicazione di uno speciale intitolato “Sharia Hebdo” e il sito del giornale oscurato.

Settembre del 2012, la sede viene blindata dalla polizia dopo le minacce per la pubblicazione di vignette ispirate al film anti-islam “L’Innocenza dei musulmani” che infiammò il mondo islamico.Anche in quella occasione Charlie Hebdo non si è piegato, uscendo in edicola con le vignette di Maometto e suscitando le critiche del governo di Parigi che prese le distanze dal giornale. Nella redazione presidiata dai camioncini della polizia, nel ventesimo arrondissement, uno dei più multietnici della capitale, si respirava rabbia e amarezza per la reazione del governo socialista di Francois Hollande che pur difendendo la libertà d’espressione, aveva criticato l’uscita di quelle vignette.

«Non dobbiamo cedere alla minoranza che ci prende in ostaggio», spiegava Charb in jeans, occhiali da vista e maglietta a righe: «I fondamentalisti islamici sono solo una minoranza, che però riesce a far parlare di sé con il ricorso alla violenza, mentre gran parte dei musulmani se ne infischia delle nostre vignette».

Per Charbonnier fare marcia indietro, smorzare le proprie idee e la linea del suo giornale non era neanche immaginabile. Un tradimento della propria vocazione di giornalista e disegnatore satirico. «Se domani rinunciassimo a disegnare Maometto – spiegava – gli integralisti griderebbero vittoria e si spingerebbero ancora più in là, magari impedendoci di disegnare altre cose e così via… se cediamo, alla fine ci sarà soltanto una pagina bianca».

Quanti giornali o giornalisti sono dotati di questo coraggio.

Oggi Finale Ligure si è dichiarata solidale a questo coraggio.

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