Domenica 20 marzo il pubblico attento che gremiva la Sala Gallesio ha ricordato il Poeta finalese Virgilio Fedi – detto “Finarin” – in occasione del centenario della nascita.
Poeta dialettale amatissimo dalla comunità finalese, ebbe una vita lunga e difficile. Rimasto orfano a otto anni (il padre cadde in un conflitto a fuoco durante le manifestazioni della “settimana rossa” a Genova), per tutta la vita fece i conti con le sue appartenenze politiche sia nella ricerca del lavoro sia nelle relazioni sociali (e sia su un versante, sia sull’altro non mancarono i rifiuti).
Dopo la Resistenza, da lui vissuta attivamente (e che gli costò incarcerazione e tortura, così come gli valse la Croce al merito per l’attività partigiana) da Capitano –Manlio – di Brigata partigiana (la “Volpi”), ottenne il riconoscimento politico della sua attività, ma rinunciò alla carica di vicesindaco dopo pochi giorni, in favore di persone che riteneva dovessero essere amministratori più competenti di lui.
Ha sempre dichiarato gratitudine profonda per i pescatori che gli offrirono un lavoro faticoso a 13 anni e che gli insegnarono molto di più di un mestiere, il valore della fatica, l’onestà, la natura mutevole del mare.
Ha sempre anche speso energie per dimostrare e diffondere il suo amore per Finale, soprattutto attraverso le sue poesie (più di 200) in vernacolo finalese.
I suoi scritti – spesso buttati giù velocemente su un sacchetto del pane o su pezzi di carta trovati per caso ma poi riordinati con l’attenzione di chi vuole trasmetterli alle generazioni future – riguardano pezzi di vita semplici, i gusti culinari, il carattere dei finalesi, paesaggi e profili del nostro territorio, tutti accomunati dalla bellezza e dall’amore con cui l’animo del poeta li coglie, talvolta con ironia e qualche stoccata polemica.
Durante l’incontro sono state lette da Luigi Alonzo – storico finalese – alcune delle sue poesie più significative. A disposizione del pubblico erano anche documenti originali e foto ricordo in cui molti degli intervenuti si sono riconosciuti con un po’ di nostalgia, per la Finale e la vita che hanno vissuto e che è così diversa da quella attuale.
Più di una riflessione, dopo un pomeriggio significativo: la coerenza di un uomo semplice e amante del suo paese, per il quale si fa il meglio di cui si è capaci e poi è opportuno cedere ad altri – più idonei – se la finalità non è il proprio potere ma il bene comune, la memoria dei finalesi, la necessità di far testimonianza del nostro passato e delle nostre ricchezze (il paesaggio, la poesia, i cibi, le usanze, le sapienti tradizioni…).
Alcune immagini d’U Finarin sono passate con il sottofondo de “La storia siamo noi” di De Gregori, una colonna sonora quanto mai adatta a ricordarci l’importanza di fare ognuno la nostra parte, come ha fatto nella sua vita Virgilio.