A Finale Ligure ha aperto il Bar Ubuntu, http://www.barequoubuntu.com , un bar dove i
prodotti provengono dal Commercio equo e solidale o dalla filiera corta (o in altre parole dai produttori locali).
Una scelta importante che antepone le ragioni dell’ etica a quelle del commercio. Non si cerca il prodotto a più basso prezzo per aumentare i guadagni, ma quello prodotto correttamente senza sfruttamento e se possibile dal nostro territorio.
In questo bar si mette in pratica la capacità di immedesimarsi nelle altrui emozioni, si fa propria la sofferenza degli altri esseri viventi. L’ inevitabile conseguenza è che non si può accettare di vendere merci che siano basate sullo sfruttamento.
Non è una cosa da poco, ciò che ha permesso a menti malate come quelle di Breivick (strage in norvegia) o ai nazisti1 di uccidere altri esseri umani è proprio il distacco dagli altri. Il primo passo di questo distacco è proprio soffocare la pietà istintiva, animale che ogni individuo normale prova di fronte alla sofferenza fisica degli altri.
Questo Bar non cambierà la storia ma ci aiuta a costruire una società che non isola ma integra gli individui. Ci insegna a guardarci più che da Breivik, dai suoi maestri, citati in chiare lettere nel suo manoscritto da 1500 pagine, e che comprendono pure partiti che ultimamente fanno faville nel nostro Paese.
Perché non si torni alla “banalità del male”, con tanti piccoli Eichmann come vicini di casa, dobbiamo smettere di girare colpevolmente la faccia davanti alle angherie che ci circondano, appena fuori dalla cerchia degli affetti più cari. Dobbiamo difendere strenuamente la nostra umanità.
Cominciamo dall’ aperitivo. Troviamoci al Bar.